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Martedì, 30 Agosto 2016 13:19

La beffa delle acque interne in Toscana

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Era preannunciato che l'eliminazione delle Provincie avrebbe creato dei problemi per la gestione della pesca in acque interne.
Il problema principale della pesca, messa a confronto con il riassetto delle competenze, avrebbe dovuto essere quello della organizzazione della gestione a livello di bacino ma è invece stato, almeno in alcuni casi, soprattutto quello dei soldi.


La pesca ricreativa è un settore che sostiene posti di lavoro e produce reddito la cui consistenza dipende dalla gestione, quindi dagli investimenti che le vengono destinati. Tradizionalmente la base di questi investimenti viene dai proventi delle licenze di pesca dei quali molte delle leggi regionali indicavano una ripartizione tra le Provincie in base a vari parametri.
Un caso molto interessante di cosa è accaduto e sta ancora accadendo  è quello della Toscana che aveva già deciso, con largo anticipo rispetto alla riorganizzazione amministrativa, di escludere dalla propria legge, varata nel 2005, qualsiasi accenno ai proventi delle licenze che invece la legge precedente assegnava alle Provincie. L'investimento nel settore attraverso il meccanismo della destinazione locale di parte dei proventi delle licenze, viene auto finanziato dagli stessi pescatori ma, eliminato l'obbligo di legge, le istituzioni regionali hanno continuato a destinare i fondi per scelta politica, allo stesso modo in cui, con una scelta politica, hanno deciso altrimenti, eliminando la voce di bilancio per deviare i fondi verso altre priorità.
Date per buone le priorità, quello che si sta verificando è che, da almeno due anni, in Toscana i pescatori ricreativi pagano la licenza ma non viene finanziato nessun intervento per la gestione. Gli uffici competenti sono praticamente inattivi non potendo intraprendere nessuna iniziativa che comporti un costo e resta, come una beffa, il costo del personale che in precedenza operava nelle Provincie in questo ambito o comunque di quello attualmente assegnato per le minime necessità amministrative.
La scelta politica a nostro parere gioca, come spesso accade, sulla mancanza o sulla insufficienza di dibattito e di partecipazione, nonostante il bacino di utenza numericamente consistente e tradizionalmente tale nella Regione. La priorità delle esigenze di settori come quello della sanità appare come un ricatto al quale il senso comune non può che cedere ed il ruolo della politica su questo piano diventa quello di deviare le risorse andandole a trovare dove minore è il rischio di conflitto con i portatori di interessi. La politica riesce così a ridurre gli argomenti, per quanto questi siano solidamente fondati, come quello che gli investimenti produttivi aumentano la disponibilità economica piuttosto che ridurla. Se il mancato investimento in settori produttivi rischia di avere un effetto contrario a quello del risparmio che ha motivato la scelta, la pesca ricreativa è un settore produttivo il cui potenziale di sviluppo resta evidentemente ignorato dalle sedi in cui si prendono queste decisioni.

Il problema del finanziamento della gestione  della fauna ittica non riguarda però solo la pesca perché gli ambienti acquatici e la relativa fauna hanno un forte valore ambientale. Le Regioni demandano le funzioni relative alla gestione della fauna ittica agli assessorati all'agricoltura e questo fa sì che  anche le emergenze ambientali rischiano di essere trattate esclusivamente in relazione alla pesca riducendone drasticamente l'importanza percepita. Il caso forse più evidente è quello dei passaggi per pesci che sono strumenti fondamentali di tutela della biodiversità ma che continuano, per restare in Toscana, a mancare sulla maggior parte degli sbarramenti dei maggiori fiumi della Regione.
Un esempio calzante del problema ce lo offre l'appendice all'evento della Giornata Mondiale della Migrazione dei Pesci (World Fish Migration Day) tenutosi lo scorso maggio a Ripafratta sul fiume Serchio tra Pisa e Lucca. Incalzata sul problema della mancata realizzazione del passaggio per pesci in passato progettato e finanziato ma mai realizzato, la Regione riesce solo a rispondere che adesso non ci sono fondi destinati alla gestione della fauna ittica. Sembra pittosto evidente che, nonostante il collegamento con la pesca e con il relativo assessorato, il tema è di carattere principalmente ambientale ma questo non innesca nessuna sinergia tra gli assessorati.

Il passaggio per pesci sul Serchio a Ripafratta è ancora un fantasma che tutti dicono di volere ma di cui nessuno sembra interessarsi attivamente, invece l'Arno ha migliori prospettive che offrono un ottimo spunto di riflessione. La cuccagna per il maggior fiume della Regione potrebbe consistere nel fatto che i progetti di sfruttamento idroelettrico presentati per le briglie sul fiume, sono sottoposti all'obbligo di realizzazione e di manutenzione di un passaggio per pesci. Paradossalmente a Ripafratta è stato invece proprio un progetto di sfruttamento idroelettrico a bloccare la realizzazione del passaggio per pesci e l'Autorità di Bacino conferma che è auspicabile che l'opera venga costruita a patto che venga esclusa la realizzazione di una centalina idroelettrica in modo da non modificare la struttura della briglia.
Un contrasto che rende evidente come l'intervento dei privati possa essere virtuoso ma dovrebbe provvedere ad esigenze che sarebbero comunque oggetto di intervento pubblico. Al contrario i fatti dimostrano come senza intervento esterno, inevitabilmente legato ad un utilizzo economico delle risorse, si resta in stallo, si rinuncia alla programmazione, si accetta il peso dei problemi rassegnandoci a vederli persistere.

Una delle maggiori emergenze per la tutela della biodiversità a livello regionale è alla fine in balia di un meccanismo per il quale, nonostante la netta prevalenza dell'interesse ambientale rispetto a quello della pesca, sono solo i pescatori ricreativi a lamentare la mancanza di interventi e, senza fondi al settore pesca, ovvero senza i soldi delle licenze di pesca, il problema ambientale viene semplicemente ignorato.
La si potrebbe forse vedere come una nemesi rispetto alle vacche grasse dei finanziamenti per le semine selvagge o per le sistemazioni spondali inutili. Se in passato sono state le stesse organizzazioni dei pescatori a chiedere questo tipo di destinazione dei finanziamenti senza prendere coscienza delle priorità di tutela, contemporaneamente gli uffici competenti non sembra che abbiano provveduto a fare programmazione se non per lasciarla, prevalentemente, sulla carta. Fatto il trapasso ad un nuovo assetto di competenze, dalle istituzioni ci si potrebbe aspettare qualcosa di più equilibrato, per rispondere attivamente ad esigenze prioritarie di tutela ambientale e di sviluppo delle comunità locali attraverso una buona gestione del meccanismo di autofinanziamento del settore con i proventi delle licenze.

Dopo il cambiamento dovuto alla soppressione delle Provincie, il varo di nuove norme Regionali che trattino il riassetto del settore potrebbe coprire i vuoti che si sono venuti a creare. Una impostazione della gestione a livello di bacino e l'attribuzione dei proventi delle licenze di pesca ai progetti di gestione e di tutela dovrebbero essere gli elementi fondamentali per realizzare gli obiettivi tante volte confermati in tutti i documenti tecnici e politici, che stanno ora, in Toscana come probabilmente in altre Regioni, rischiando di restare definitivamente esclusi dalla programmazione amministrativa.

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