Questo sito utilizza cookie, anche di terze parti, per migliorare la tua esperienza e offrire servizi in linea con le tue preferenze. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque suo elemento acconsenti all’uso dei cookie. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie vai alla sezione Cookie Policy

 
FacebookTwitter
Lunedì, 15 Dicembre 2014 00:00

Coldiretti Liguria contro la pesca ricreativa

Vota questo articolo
(3 Voti)

Coldiretti Genova e La Spezia e l’Associazione Impresa Pesca Liguria tornano alla carica sul problema della pesca sportiva … Una notizia apparsa su alcuni quotidiani liguri riporta un intervento formale dei pescatori commerciali liguri che, dopo avere causato i problemi di cui si lamentano, continuano a non trovare meglio da fare che puntare il dito su qualcun altro sollecitando le istituzioni ad intervenire.

La notizia pubblicata da levantenews "Pesca: troppi 10.000 sportivi a fronte di 1.000 professionisti" .

L'ambiguità del messaggio è evidente nella profusione di riferimenti a stime e valutazioni di cui non si riportano i riferimenti e nel linguaggio per così dire libero, fatto di termini non rispondenti alle definizioni accettate e che suonano sempre allusivi ad un preciso messaggio denigratorio: i pescatori ricreativi sono troppi e vendono i pesci danneggiando i poveri pescatori commerciali.

Una mistificazione in piena regola che parte da un problema reale di mancata gestione per costruire quello che ci sembra un diversivo ai veri problemi causati dallo sfruttamento commerciale.

La logica sottesa è che fino a che ci sono pesci da pescare  il settore commerciale deve crescere ma una volta cresciuto non ne vuole sentir parlare di decrescere se non ci sono più abbastanza pesci. Il risultato è che in mancanza di altri argomenti dobbiamo sentire la pesca commerciale accusare quella ricreativa di danneggiarla sfruttando eccessivamente le risorse.

I pescatori ricreativi vedono così prima sovra sfruttare tutte le risorse disponibili sia dai pescatori commerciali che da quelli illegali e poi vengono accusati di essere loro la causa dell'impoverimento delle risorse.

I numeri vengono messi a confronto a sottolineare  che ci sono molti più pescatori ricreativi che pescatori commerciali. A parte la banalità che fa sorridere come velleitario espediente di propaganda, il messaggio inviato ai rappresentanti politici nelle istituzioni potrebbe facilmente essere controproducente per i pescatori commerciali (pochi) considerando che anche quelli ricreativi (molti) votano.

Il frainteso maggiore che sta alla base della visone distorta è di quelli che lasciano sempre sconcertati prima di tutto perché riesce a passare inosservato.

Manca infatti il presupposto indispensabile che le risorse della pesca, i pesci, sono un bene pubblico. ovvero sono di tutti i cittadini. Gli stessi cittadini, tramite le istituzioni, ne concedono l'uso a scopo di lucro ad imprese private che devono rispettare determinate regole. Adesso queste imprese private si stanno lamentando perché i cittadini che gli hanno concesso lo sfruttamento commerciale delle risorse, vogliono andare nel tempo libero a pescare pesce per la famiglia.

Pare che il concetto istituzionalmente accettato sia invece che le imprese della pesca siano le proprietarie delle risorse e che i cittadini, il pesce dovranno comprarlo tutto da loro e non pescarselo.

Il problema della vendita illegale del pescato è un problema reale che coinvolge tutta la filiera, e per il quale la pesca ricreativa chiede a gran voce un incremento delle attività di controllo, così come più volte abbiamo chiesto per la pesca sportiva e ricreativa il divieto di utilizzo di attrezzi come palangari e nasse. In tema non si riscontra però nessuna collaborazione da parte della pesca commerciale che si riserva solo di uscire periodicamente con l'allarme e l'appello alla fantasiosa soluzione di porre restrizioni alla pesca ricreativa invece di perseguire quella illegale.

L'ambiguità dell'approccio oltre che nel presupposto sbagliato consiste infatti nel cercare di confondere i termini di pesca ricreativa e di pesca illegale. Una insinuazione per niente velata  alla quale è facile rispondere che la illegalità lamentata è operata non da pescatori ricreativi ma da pescatori commerciali, non in regola con la licenza, che vendono al nero. L'atto della vendita infatti qualifica come pescatori commerciali indipendentemente dagli attrezzi da pesca usati. Per vendere al nero l'uso di attrezzature solitamente usate dai pescatori ricreativi è un buon  camuffamento e contribuisce a scaricare la colpa sulla categoria della pesca ricreativa. I pescatori ricreativi non commerciano il pescato e i pescatori commerciali che  sono gli operatori della filiera ittica dovrebbero preoccuparsi e chiedere che la filiera stessa sia controllata e non permetta di operare ai pescatori commerciali senza licenza mascherati da ricreativi. Rivolgersi ai ricreativi è una burla perché il problema riguarda solo ed esclusivamente il commercio del pesce ed il commercio del pesce non riguarda la pesca ricreativa ma esclusivamente quella commerciale comunque essa venga esercitata.

Non fa piacere dire ovvietà ma sembra che sia necessario precisare che  per contrastare la pesca illegale ci vogliono i controlli e non restrizioni per la pesca legale e penalizzazione ai pescatori onesti.

Coldiretti fa quindi i conti in tasca, anzi nel retino, ai pescatori ricreativi. Siccome si possono prendere 5 kg al giorno qualcuno stima, a lume di naso, che ogni pescatore in media ne prenda due kg a settimana; stimando quanti sono i pescatori basta fare il conto in tonnellate estrapolandone magari anche il relativo valore di mercato sottratto alle imprese. Le stesse imprese invece neanche si sa quanto pesce prendono con le reti e i palangari  visto che se ne prendono meno di 50 kg non devono denunciare niente e lo stesso se ne vendono meno di 30 kg per uso personale.

Prevedibilmente viene omesso qualsiasi riferimento alla economia mossa ed ai posti di lavoro supportati dalla massa di pescatori ricreativi. Gli stessi pescatori che alla fine il pesce lo pagano molto di più che se lo comprassero ed ai pescatori commerciali evidentemente non fa piacere che il denaro speso in pesce invece che a loro vada ad altro tipo di aziende legate alle attività di pesca non commerciale. Un interesse corporativo che può contare sulla mancanza di dati di riferimento che quantifichino la resa delle risorse a seconda delle loro destinazione nel settore pesca di cui fa parte anche la pesca ricreativa. La pesca commerciale teme la concorrenza della pesca ricreativa ma non a causa della vendita illegale quanto della altissima resa economica a fronte di un basso sforzo di pesca e prova a sventolare i suoi segnali d'allarme nel tentativo di far identificare la pesca ricreativa con la pratica della vendita illegale del pescato.

E' di una evidenza disarmante che il rapporto tra catture della pesca commerciale e catture della pesca ricreativa è completamente sbilanciato a favore della prima. I pesci catturati dai pescatori ricreativi sono un quantitativo non significativo rispetto al totale delle catture  ma si valuta che producano una economia di misura confrontabile con quella della pesca commerciale.

Per parlarne seriamente ci vorrebbero dati analitici sugli sbarchi e dati socio economici sulla pesca non commerciale ma i pescatori commerciali sono fortemente contrari ad una seria valutazione come dimostrano le esenzioni di registrazione per quelli che vengono considerati piccoli quantitativi e non si sa neanche di che specie di pesci.

Le proposte riportate nel comunicato, alcune delle quali peraltro condivisibili, appaiono scollegate e non inserite in nessun contesto che non sia quello ambiguamente espresso chiedendo che la pesca ricreativa venga “mitigata” piuttosto che gestita. Ci sembra evidente che se anche fossero adottate tutte le misure richieste queste non avrebbero nessun effetto sui problemi che sarebbero destinate a risolvere che, a quanto pare, non riguardano neanche la salute degli stock ittici ma solo quella delle imprese della pesca commerciale.

In sintesi e fuori di polemica, l'intervento di Coldiretti ci sembra un tentativo maldestro di intervenire contro un diffuso fenomeno di commercio illegale del pescato, che si inserisce  però in un contesto costantemente e pesantemente segnato dal potere della lobby della pesca commerciale che usa un sovraccarico di stereotipi per nascondere un problema di gestione della pesca causato dal sovra sfruttamento commerciale.

Invitiamo le istituzioni e le associazioni della pesca commerciale ad aprire un confronto diretto a livello locale per dare agli argomenti di comune interesse un inquadramento e per valutare proposte tecniche mirate a risolvere i problemi della pesca piuttosto che a sostenere pregiudizialmente interessi corporativi penalizzando gravemente  reddito e posti di lavoro del settore economico che dipende dalle attività di pesca non commerciale.

 

 

Leggi il Comunicato stampa congiunto in risposta a Intervento Coldiretti su pesca sportiva

Letto 22516 volte

Puoi sostenere il lavoro di APR
con una donazione

Sostengono APR

Poster UE
Pesci del Mediterraneo
Clicca sulle immagini per scaricare i pdf

-

Glossario scientifico GFCM in inglese