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Rumori di fondo ... licenza di pesca ricreativa in mare?

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rumors dell’ambiente da diversi mesi parlano di istituzione di licenza per la pesca ricreativa in mare.

Come sempre in questi casi, al netto dei non so, le due opposte fazioni dei SI e dei NO si contrappongono nettamente adducendo ciascuna le proprie motivazioni.

APR dice NO, proviamo a spiegarne il motivo.


La licenza di pesca amatoriale si configura come il pagamento di un diritto di accesso alle risorse.

Di chi sono i pesci? I pesci sono di tutti, sono una risorsa dell’intera comunità. Il pagamento del diritto di accesso a questa risorsa pubblica è una esclusiva di chi sfrutta tale risorsa per il proprio reddito diretto. I pescatori ricreativi, per legge in Italia, hanno il divieto assoluto di vendita del pescato. Quindi non devono essere soggetti al pagamento di un diritto di accesso ad una risorsa pubblica che non costituisce per loro reddito diretto.

Quali sono le conseguenze di dover essere soggetti al pagamento dei diritti di accesso ad una risorsa? La distribuzione della risorsa non avverrà in modo equo: gli accessi saranno garantiti in maggior misura a chi è in grado di pagare di più, in tale sistema la pesca ricreativa, che fruisce della stessa risorsa pesce di cui fruiscono entità fortemente sostenute da sovvenzioni pubbliche e da potenti lobby politiche come la pesca professionale e la piccola pesca, sarà perdente in partenza.

Cosa significa licenza?

Il termine licenza viene usato genericamente quando invece è molto specifico. Tutto quello che può essere fatto con uno strumento statistico non richiede una licenza. La licenza insomma è tale solo perché sottopone l'acceso ad un bene pubblico al pagamento di una concessione. Piuttosto che darci un diritto ce lo toglie.

I rumors sono stati certamente strumentalizzati. La proposta che ha richiamato l'attenzione del settore è circoscritta alla pesca da imbarcazione ed intesa evidentemente per i grandi pelagici.

Il dibattito si è sviluppato con un frainteso utile a farci riflettere. Tra le strumentalizzazioni c'è quella di dare per buona la limitazione della licenza ad un solo tipo di pesca e ciò significa far passare una impostazione di metodo sulla base della quale il discorso è automaticamente estensibile a tutti gli altri tipi di pesca ricreativa.
Infatti confondendo il concetto di licenza con quello di strumento statistico, negli organi consultivi varie rappresentanze della pesca ricreativa sostengono la necessità di una sistema di licenze per tutta la pesca in mare.

La gestione della pesca ricreativa in mare è agevolmente esercitabile con interventi a livello di regolamento, con l'ausilio di adeguati strumenti statistici e previa l'implementazione di una efficace politica di controllo. La licenza non serve alla gestione.

Se gli introiti derivanti dalla licenza dovessero servire a finanziare la gestione potremmo trovarci ad avere un incontrollabile aumento dei costi delle licenze. Il meccanismo non sarebbe comunque mai virtuoso perché il vero sostegno alla gestione sta nel surplus di reddito proveniente dalla crescita del settore come risultato di una buona gestione ed è evidente che adesso il settore stesso è nettamente depresso e quindi presenta un grande potenziale di crescita. Il maggior valore economico prodotto dal settore finanzia la gestione che lo produce senza bisogno che i pescatori contribuiscano diversamente.
Se per licenza si intende uno strumento statistico utile ad una migliore gestione,  la risultante migliore gestione fornirà risorse economiche eccedenti con le quali finanziare il sistema di rilevazione senza che al pescatore debba essere chiesto di sostenere il costo amministrativo.

Come sviluppare le potenzialità della pesca ricreativa?

Investendo risorse, ma mancano dati scientifici a sostegno dell'investimento e la produzione di tali dati richiede anch'essa un investimento. Il settore ha bisogno di accelerare il dibattito portando le dichiarazioni di intenti alle loro logiche conseguenze senza bloccare questo processo in un sistema di privatizzazione delle risorse della pesca sotto un regime che è il responsabile della situazione attuale, alla quale si vorrebbe far credere che si possa rimediare perseverando nella stessa impostazione

L'argomentazione che la licenza segna lo spartiacque tra una pesca regolamentata e una senza regole non regge a causa del fatto che la regolamentazione della pesca ricreativa non richiede affatto un regime di licenze ma solo attenzione alle norme in vigore e un sistema efficace di raccolta e diffusione di informazioni e di controllo sul rispetto dei regolamenti.

Per regolamentare la pesca ricreativa non occorre una licenza, al pescatore ricreativo bastano i documenti personali per essere identificato in caso di illecito. Il suo contributo alla gestione lo dà quando fa girare soldi nel settore e li fa girare proporzionalmente alla qualità della sua pesca che dipende dalla qualità della gestione in atto.

La licenza come intesa dalla maggioranza dei pescatori ricreativi che la sostengono è solo uno strumento statistico che permetta di mantenere un contatto diretto tra le istituzioni delegate alla gestione e la base dei praticanti. Non serve una licenza a mantenere il contatto diretto. Se serve uno strumento di identificazione personale non è affatto necessario che questo sia una licenza di pesca.

Altrove la licenza viene intesa come una abilitazione alla pesca presupponendo una forma di informazione e relativo apprendimento da parte del pescatore sull'ambiente, la pesca e i regolamenti. Lo stesso carico di informazione potrebbe essere filtrato in altri modi ma se dovesse essere comunque imposto un sistema di licenze è necessario che esso non consista in un sistema di concessione pubblica e che svolga una funzione statistica collateralmente alla sola funzione positiva possibile che consiste nel creare un solco che separi la pesca ricreativa da quella cultura tradizionale che alimenta il diffuso fenomeno della pesca illegale.

Chi alla fine sostiene una vera licenza?

La sostiene chi usa erratamente il termine licenza intendendo invece uno strumento di rilevazione statistica e la sostiene anche chi sostiene la virtuosità dell'inserimento della pesca dei grandi pelagici in un sistema di quote.

Peccato per l'evidente zoppia causata dalla mancanza di dati sulla base dei quali dare una giustificazione concreta alle decisioni sulla definizione e assegnazione delle quote. Per quanto riguarda la pesca ricreativa mancano ad esempio dati sul valore socio economico e come per quella professionale mancano i dati sul non dichiarato(illegale) e sul bycatch (catture indesiderate). Mancando tali pilastri fondamentali l'assegnazione delle quote non rispecchierà mai una situazione reale quanto piuttosto un interesse di parte che relegherà, come sempre, la pesca ricreativa alla raccolta delle briciole sotto la tavola.

Lo sforzo concentrato sul problema della licenza di pesca ricreativa in mare sottrae energie alle maggiori urgenze che restano inosservate dietro all'emergenza di casi particolari, per quanto di grande rilevanza, come quello del tonno rosso. Sembra che la miriade di pescatori che usano in mare una canna da pesca stando sulla riva, siano un prodotto di scarto, un settore marginale quando invece sono quella maggioranza alla quale è sempre stata negata rappresentanza anche se sono proprio loro a sostenere un importante settore economico a fronte di un impatto sulle risorse insignificante e facilmente regolabile all'occorrenza con semplici norme di regolamento e politiche di controllo piuttosto che con meccanismi di quote.

Si dice che i pescatori che usano una barca dovrebbero avere la licenza, circola anche la voce che siano favorevoli, la voce certo dal momento che non proviene da una vera rappresentanza della base dei praticanti, dovremmo provare a chiederglielo se la vogliono. Ci sono le regole, non c'è nessun controllo, mettiamo un'altra regola, si controllerà quella, il resto come prima. Peccato che i pescatori non ci stiano e che se dovranno subirlo sarà loro malgrado.

Il ritardo delle settore ricreativo permette, in qualche modo, un tentativo estremo di mantenimento del monopolio sulle risorse. Risorse degradate dalla pesca commerciale al punto da far sembrare necessario ricorrere al tentativo di limitazione della pesca ricreativa, in modo tale da poter ridurre la concorrenza nel raschiare il fondo del barile. La strategia della licenza va in questa direzione ed è pericolosa soprattutto perché gioca su fraintendimenti, tanto da poter convincere alcuni pescatori sulla base di buone motivazioni che però decadono di fronte al senso vero dell'istituzione della licenza.

Nonostante l'evidenza dei numeri che quantificano la scarsissima partecipazione della pesca ricreativa allo sforzo di pesca complessivo, tarda a concretizzarsi l'evidente necessità di rendere efficace il contrasto alla pesca illegale. Il fatto che non passi lascia qualche dubbio sul fatto che non venga considerato il bilancio finale che risulterebbe da una stringente politica di controlli estesa ad entrambi i settori. La cosa certa è che la pesca ricreativa la chiede a gran voce e non crediamo che le rappresentanze della pesca professionale possano permettersi di declinare l'invito a dare adesione in modo da impugnare concretamente i problemi di concorrenza sull'uso delle risorse della pesca.

I pescatori ricreativi italiani non vogliono licenze per la pesca ricreativa in mare.

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