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Mercoledì, 13 Luglio 2011 12:43

L’altalena delle quote ricreative di tonno rosso

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Con decreto del 6 giugno le quote ricreative di tonno rosso sono passate da 50 a 10 tonnellate per ‘tamponare’ il sovra sfruttamento imputabile alla pesca con i palangari. Il 23 giugno, dopo la verifica di un ‘avanzo’ delle quote della pesca  a circuizione (che non ha esaurito quelle ad essa assegnate) con nuovo decreto vengono riportate a 50 tonnellate. Si perché la distribuzione delle quote è un mero calcolo contabile, un po’ a me un po’ a te purchè alla fine dei conti il totale nazionale venga rispettato.

Se la pesca a circuizione avesse esaurito la sua quota ai ricreativi sarebbero rimaste 10 tonnellate senza ulteriore incremento. Se la pesca a circuizione avesse superato la sua quota le 10 tonnellate dei ricreativi sarebbero state con ogni probabilità ulteriormente ridotte.

Il limite di carniere per la pesca ricreativa al tonno rosso è oggi 1 esemplare/barca per battuta di pesca, quindi non più di un esemplare al giorno per imbarcazione.

50 tonnellate di tonno rosso per i ricreativi significano, ad esempio, 1000 tonni da 50 kg, cioè un tonno a stagione per un massimo di 1000 barche.  Le barche autorizzate alla pesca del tonno rosso nel 2010 sono circa 5000... qualcosa non torna.

Proposte fatte da alcune organizzazioni al Ministero parlano di introdurre una ‘quota individuale’ di 1 tonno a stagione per imbarcazione. Riferendoci  alla misura minima di 30 kg, una quota individuale garantita per tutti i pescatori ricreativi richiederebbe non 50 ma 150 tonnellate , 250 se si calcolasse una taglia media di 50 kg, che sono rispettivamente il triplo e il quintuplo della quota attuale e che potrebbero essere reperibili solo con la rivisitazione dei criteri di distribuzione della quota nazionale. La cattura ricreativa di un tonno da un quintale andrebbe ovviamente ad intaccare il diritto di un altro pescatore consumandone di fatto la quota.

Il dato rischia di suggerire l’istituzione di un numero chiuso di autorizzazioni per la pesca ricreativa del tonno rosso. L’alternativa oggi praticata è quella della chiusura della pesca al momento del raggiungimento della quota complessiva.

Il settore ricreativo subisce in entrambi i casi una restrizione che non riguarda i quantitativi di risorse assegnati al pescatore ma molto di più: lo stesso diritto di pesca individuale, anche il diritto di pesca di quei pescatori ricreativi che i tonni li rilasciano.

Adesso  è conveniente pescare velocemente in modo da precedere gli altri pescatori, ma la chiusura della pesca ricreativa del tonno conseguente al raggiungimento della quota ricreativa introduce un alto danno economico che riduce drasticamente la resa economica (ad oggi non valutata) della stessa quota.

Inoltre le quote possono essere facilmente superate per i tempi necessari alla rilevazione delle catture. Questo comporta il rischio di vedere la quota dell'anno seguente ridotta per compensare l'eccesso.

Ciò che viene evidenziato leggendo quanto scritto fino qui è che l’attuale sistema nazionale di ripartizione  della quota attribuita  dalla UE all'Italia per il tonno rosso non tiene equamente conto dei vari settori della pesca, andando contro  sia al concetto di natura pubblica della risorsa sia alla possibile enorme resa economica derivante dallo sfruttamento ricreativo della risorsa.

Un percorso responsabile deve prevedere una analisi economica capace di sostenere il diritto di uso pubblico della risorsa nei confronti delle quote assegnate a privati per uso commerciale.

Un appropriato calcolo di resa economica potrebbe dare sostanza al problema di distribuzione dello stock di tonno rosso attribuendo alla pesca ricreativa l'effettivo valore economico prodotto dalle sue catture. Oltre ad un diritto ribadito con forza dalla UE sulla natura pubblica delle risorse della pesca, la pesca ricreativa,  in quei casi nei quali sia sottoposta ad un regime di quote, deve godere del diritto di  veder quantificato il suo valore economico per non soccombere al mercato.

In altre parole, se un pescatore ricreativo paga un tonno preso all'amo più di quanto lo pagherebbe comprandolo al mercato del pesce, quel pescatore può ben sostenere il suo diritto di fruizione della risorsa pubblica con argomentazioni economiche solide che sottraggono la pesca ricreativa al luogo comune dello spreco delle risorse destinate ad una attività da molti definita con grande approssimazione ‘ludica’.

Gestire la pesca ricreativa senza dati economici affidabili segnala un posizione di parte che non difende la redditività del “Settore della pesca”, così come  definito nell’Art. 2 a) del Regolamento CE 199/2008 “Settore della pesca” le attività legate alla pesca commerciale, alla pesca ricreativa, all’acquacoltura e all’industria di trasformazione dei prodotti della pesca, ma solo di alcune delle sue parti.

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