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Mercoledì, 25 Luglio 2012 07:18

Cormorani: se tutto fosse semplice...

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Testo integrale dell'articolo pubblicato sul numero di Luglio 2012 della rivista Pianeta Pesca - Edizioni Mediatika
Si ringrazia il Dott. Stefano Volponi per il supporto e il materiale fotografico fornito. 

Se tutto fosse semplice, nessuna burocrazia, nessuna autorizzazione, noi pescatori cosa faremmo? Gireremmo con il fucile o con l’arco e andremmo a caccia di cormorani? Faremmo di tutto per toglierli di mezzo? ... ed eliminato l'ultimo cormorano sotto a chi tocca? Agli aironi, al martin pescatore, alla lontra, laddove ne resiste ancora qualcuna all'inquinamento ed al degrado dei fiumi?

Sembrano domande stupide, o retoriche, ma penso sia necessario porsele. Credo sia necessario nella misura in cui una delle cose buone per cui i pescatori ricreativi, o almeno una parte di essi combattono, è la tutela della biodiversità, degli stock ittici selvatici o, allargando il campo,  della possibilità di sopravvivenza delle specie selvatiche che fanno grandi e meravigliosi i luoghi che frequentiamo.

Certamente la nostra attenzione e la nostra voglia di tutela si rivolgono spontaneamente a ciò che oltre essere biodiversità garantisce la soddisfazione del nostro bisogno e della nostra voglia di pescare, e quindi i pesci. Nel momento in cui li sentiamo minacciati, e con essi la  possibilità di soddisfare la nostra passione, rischiamo di restare accecati da una sorta di ottusa miopia che ci impedisce di guardare globalmente i problemi.  Lo facciamo sempre, rientra nella logica del dateci intonso il nostro pezzo di fiume e del resto... che importa. Questa prospettiva particolaristica che ci mette in crisi per la pagliuzza spesso ci nasconde la trave.

Nel caso delle problematiche derivanti dagli uccelli ittiofagi, almeno da un certo punto di vista, rischiamo di prendercela in definitiva con l’ultima ruota del carro, con l’ultimoingranaggio del sistema, il cormorano appunto.  Il cormorano che per sua natura mangia pesce, così come il pesce grande mangia quello piccolo, e che rischia di essere, almeno in Italia,  capro espiatorio per distogliere l’attenzione da   un sistema che non gira, che non funziona, che è  carente nelle sue impostazioni di base , un sistema che è fatto dagli uomini e che è una delle cause della cattiva convivenza tra cormorani e pesci. Un sistema che affronta il discorso ‘gestione’ sempre sotto le solite spinte cui siamo abituati: la pressione dei gruppi di potere (che siano pro o contro), l’amico dell’amico, l’emergenza, le elezioni, e solo raramente utilizzando un adeguato approccio tecnico scientifico perché impegnativo, faticoso, dispendioso e di periodo lungo. Abbiamo perso la sapienza della pazienza ai giorni nostri.

I cormorani con cui ci confrontiamo più spesso sono quelli della  sottospecie sinensis  (Phalacrocorax carbo sinensis)  che vive e nidifica principalmente  a terra o su alberi in prossimità di coste basse o delle acque interne.  Il Cormorano sottospecie sinensis  è stato per un centinaio di anni oggetto di indiscriminati abbattimenti fino a raggiungere intorno agli anni ’60 un livello numerico al limite dell’estinzione . La ripresa ha iniziato negli anni ’70 grazie agli effetti combinati di misure di protezione delle colonie , del divieto di abbattimento, della diminuzione dell’uso di pesticidi e dalla grande presenza di piccoli pesci nei corsi d’acqua europei. Cresciuti in numero hanno iniziato nuovamente a colonizzare aree che erano rimaste pressoché abbandonate. In Italia abbiamo circa 40 colonie di nidificazione  ad oggi censite, distribuite principalmente lungo il corso del Po e dei suoi tributari .  Il numero di colonie di nidificazione italiane è  in rapporto bassissimo rispetto al numero di quelle presenti  in altri paesi europei, e si considera previsionalmente stabile se le misure dissuasive ad oggi attuate continueranno ad essere portate avanti. I conflitti  con la pesca nascono in Italia dalla natura  migratoria di tale specie.  Da novembre a febbraio assistiamo infatti alla discesa degli ‘svernanti’, cormorani provenienti dalle colonie del nord o centro Europa che si stabiliscono durante l’inverno in prossimità delle nostre acque nutrendosi dei pesci che vi trovano. E’ in questo periodo che, in Italia,  gli attriti tra pescatori ricreativi o professionali e cormorani si  fanno più forti. Per i pesci che vivono in acque già fortemente snaturate o  versano in un pessimo stato ecologico,  la riproduzione naturale  è diventata un evento quasi cabalistico, un evento che accade sempre più raramente  e solo grazie al giro di quella ruota che è la vita che, nonostante tutto, si ostina a non arrendersi.  In questo contesto già fortemente compromesso la presenza anche di un solo cormorano viene percepita dagli occhi dei pescatori, e talvolta è in effetti,    come una maledizione o come la botta finale ad un’esile speranza di auto sostentamento della fauna ittica selvatica. E così monta la rabbia: una rabbia che già esiste permeata di impotenza per la situazione disastrosa delle acque viene dirottata su un nuovo oggetto di culto (in negativo) dalla nera livrea. E siccome non riusciamo a fare spazio per sostenere tutto ciò per cui dovremmo arrabbiarci, l’ultimo arrivato sale in cima alla scala dei problemi prioritari.

Quello che spesso dimentichiamo è che, in Italia, così come nel resto d’ Europa, sono in realtà in atto autorizzazioni al contenimento , la maggior parte delle Regioni italiane è interessata da qualche deroga in proposito, le petizioni ‘una firma contro i cormorani’ o cose simili non sono altro che aria fritta. Esistono procedure codificate per ottenere le deroghe (e quindi autorizzazione al contenimento) e l’unico modo per procedere in tal senso è seguirle. La procedura prevede una richiesta alle amministrazioni competenti le quali, in base ad essa, devono rivolgersi ad ISPRA (l’Istituto competente a livello nazionale) per un parere. ISPRA può esprimere parere positivo, negativo o richiedere integrazioni. Tenendo conto del parere di ISPRA l’amministrazione può o meno concedere la deroga  ma, e qui sta il punto in cui si riesce ad esprimere l’italianità ai massimi livelli, la richiesta di parere ad ISPRA è obbligatoria per legge, il tenere conto della risposta (parere) non è vincolante.

Chiediamo mai se queste azioni funzionano? O meglio, siamo consapevoli del fatto che l’amministrazione  che  fornisce (o nega) le autorizzazioni al contenimento talvolta non tiene conto del parere (favorevole o contrario) espresso da ISPRA  preferendo fare di testa propria senza alcuna base scientifica e in caso di autorizzazione alla deroga spesso si disinteressa totalmente del fatto che esse vengano poi realmente applicate nella misura prescritta e spesso si disinteressa dei risultati che il contenimento porta, risultati dei quali la UE dovrebbe essere informata,  alimentando così una gestione senza pianificazione di cui non si conoscono gli effetti, né positivi né negativi, e facendo incorrere l’Italia in procedure di infrazione. La Commissione Europea ha finanziato, con soldi pubblici, anche nostri, diversi progetti che vogliono traguardare il ‘miglior sistema di gestione possibile’ per garantire una pacifica convivenza tra uccelli, pesci, e pescatori. E si aspetta dagli Stati Membri delle risposte. L’Italia fornisce queste risposte? Le buone azioni della Commissione per avere risultati devono essere seguite ed applicate con consapevolezza e  serietà dagli Stati Membri, le cui amministrazioni dovrebbero fare una buona volta un salto di qualità verso un approccio filologicamente corretto e non clientelare. Siamo ancora lontani da un simile approccio.  E’ vero che gli amministratori devono saper fare gli amministratori e gli specialisti essere specialisti, ma è anche vero che il buon risultato di un  amministratore sta nella capacità di interessarsi alle questioni che lo riguardano attenendosi nella maniera più scrupolosa possibile a ciò che chi, ponendosi ad un punto di vista più  alto  del suo, ha definito dopo un processo che può essere durato anni in cui sono stati coinvolti tutti i soggetti interessati alla questione e sono stati utilizzati i migliori pareri scientifici disponibili.  E avere la lungimiranza di calare tali strumenti nella propria realtà, con il supporto delle strutture scientifiche preposte a livello nazionale, e con l’obiettivo reale di fare gestione e non di togliersi di torno le pressioni dei gruppi o di conquistare consensi facili da spendere alle successive elezioni.

Ciò che rende nero il cormorano agli occhi dei pescatori italiani non è il colore delle sue piume, ma il fatto che i suoi numeri siano talmente ‘mal gestiti’ da diventare unproblema in più in acque che già sono piene di problemi. Ed è questa la trave cui mi riferisco e che non dobbiamo far finta di non vedere distratti da una coppia di cormorani che si ciba di quel poco che in acqua è rimasto. I cormorani sono l’ultima goccia che fa traboccare un vaso pieno di vere nefandezze nella gestione delle acque interne italiane per le quali dobbiamo chiedere e pretendere ragione, per le quali dobbiamo imparare ad essere noi ‘filologicamente corretti’ nelle richieste che facciamo, e nei modi in cui le facciamo. Nessuno dà perché nessuno chiede e spesso viene dato nel modo sbagliato perché sono le domande ad essere sbagliate. Ed è più facile seguire scorciatoie per ottenere pezze utili solo a tappare buchi o ad avere facili ritorni di immagine che chiedere  seriamente e pesantemente di pianificare  una riqualificazione che parta prima di tutto dall’acqua, dal fatto che ci sia e sia libera di scorrere. Un processo lungo e faticoso che impegna molte energie per risultati non immediatamente individuabili. Noi pescatori ricreativi avremo poco di che preoccuparci dei cormorani nel momento in cui l’acqua smetterà di scorrere.  Resterà solo un problema dell’acquacoltura, specialmente quella lagunare estensiva, della sua produttività e dei suoi utili,  di quella acquacoltura che già oggi, forse più dei cormorani, priva le acque di risorsa ittica selvatica e prezioso bene comune per farla diventare, seguendo il percorso dei lavorieri, proprietà privata da sfruttare ai fini economici.

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