Il 2014 della pesca ricreativa in mare è stato caratterizzato dalla ennesima minaccia di licenza in mare per i pescatori ricreativi, per fortuna scampata grazie agli interventi di tutti coloro che sono intervenuti, nelle sedi politiche, nei corridoi, tramite conoscenze, con le raccolte firme e così via. Inutile farne l’elenco, ciascuno di loro ha provveduto ad emanare comunicati stampa e noi pescatori dovremmo ringraziarli tutti.
Poi, avvenimenti casuali: europarlamentari che incontrano pescatori professionali ridotti sul lastrico, europarlamentari che incontrano le cooperative di pesca per vedere di trovare una quadra su come (non n.d.r.) far passare il bando delle reti derivanti (un prevedibile successo), il divieto di scarto per il quale vengono posticipate le sanzioni (come non averlo), ci hanno fatto venire in mente come è importante che tutto cambi perché nulla cambi (il Tomasi di quella meravigliosa terra ora martoriata sapeva il suo in fatto di frasi ad effetto), e allora siamo andati a rispolverare una lettera inviata al MIPAAF congiuntamente da un paio di associazioni di pesca sportiva e ricreativa, (una è piccina, si chiama APR, l’altra però si chiama Federazione, e ha fatto come ci si aspetterebbe un distinguo), dalle principali ONG ambientaliste italiane e da tutte (a parte il sindacato ETF che non era stato avvisato) le organizzazioni dei pescatori commerciali.
In questa "umile" letterina, inviata nel maggio del 2013, si porgeva al pregiatissimo Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali una proposta che poteva garantire una svolta epocale nella gestione della pesca, nella gestione dei rapporti tra la pesca commerciale e quella ricreativa, con in più il bollino "ONG approved". Ripetiamo, una svolta epocale. Si diceva semplicemente: gli attrezzi passivi sono attrezzi che non hanno nulla a che fare con la pesca ricreativa perché non permettono il rispetto dei limiti di carniere giornalieri, delle misure minime e delle specie protette, perché consentono di catturare molto più pesce di quanto il consumo familiare diretto necessiti, perché non richiedono la presenza attiva del pescatore in ogni momento. Perché la pesca ricreativa non è e non deve essere pesca di sussistenza.
Ma ci rendiamo conto degli effetti di questa piccola cosa se applicata? Qualcuno (probabilmente più d’uno, tra gli stessi firmatari) se ne deve essere reso conto perché il MIPAAF non l’ha fino ad ora presa in seria considerazione (eppure i corridoi sono sempre affollati di persone che vanno e vengono e bussano a porte) e dopo 6 mesi i politici di turno si sono sollecitamente inventati la proposta della licenza in mare che, a parte raccogliere soldi (da quelli onesti che avessero ottemperato), non avrebbe cambiato di una virgola i problemi della pesca in mare. Ma è sempre meglio che nulla cambi se vogliamo sempre e comunque garantire un capro espiatorio alla pesca illegale, quella che viene definita Illegal, Unregulated e Unreported (IUU), e alla possibilità di ridurre sempre tutto a soldi. Per tutti quelli che spartiscono, o spartiranno, la torta.
Scarica la lettera del 16 maggio 2013 "Attrezzi passivi ammessi alla pesca ricreativa"