Il protocollo d'intesa siglato oggi rappresenta quindi uno strumento per trasformare un problema in un'opportunità. Infatti pone le basi per una successiva distribuzione dei pesci meno nobili dei laghi lombardi sui mercati dell'Est Europa, a partire da quello di Bucarest, grazie alla mediazione del Consolato della Romania.
Pesci che oggi si riciclano destinandoli ad mercato ittico che una volta sviluppato dovrà trovare il modo di avere continuità e potrà quindi vedere come indispensabile salvaguardare la disponibilità delle specie che oggi si vuol far credere debbano venire ridotte o eliminate e che si troverà a vantare diritti e a piangere per lo scarso reddito e la precarietà di posti di lavoro che saranno legati allo sfruttamento anche delle risorse autoctone in piena competizione con la pesca ricreativa e con il sostegno di sovvenzioni pubbliche.
La notizia ha inevitabilmente portato nel nostro settore un certo fermento per quanto ad una analisi obiettiva non ci si deve stupire più di tanto dal momento che l'accordo rientra perfettamente in una logica di sviluppo e incentivo alla pesca professionale nelle acque interne che trova supporto anche nella proposta di Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio relativo al Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP), Regolamento che fa parte della Proposta di Riforma della Politica Comune della Pesca.
Nella relazione leggiamo infatti che il Contesto dell’attuale proposta di Regolamento del FEAMP è volta a conseguire gli obiettivi delle riforme della PCP (politica comune della pesca) e della PMI (politica marittima integrata) sulla base di obiettivi, ridefiniti nell’ottica del finanziamento, tra i quali quello di promuovere uno sviluppo territoriale equilibrato e inclusivo delle zone in cui si praticano attività di pesca (inclusa l’acquacoltura e la pesca nelle acque interne).
Nel testo di Regolamento si legge che è dunque necessario prevedere opportune disposizioni a favore della pesca nelle acque interne, che tengano conto dell’impatto ambientale garantendo al tempo stesso la redditività economica di questo settore.
Ancora una volta ci troviamo ad affrontare un problema di redditività del settore di pesca commerciale, ancora una volta come diverse volte evidenziato ci rendiamo conto di quale catastrofico effetto può comportare l'assenza di una equa inclusione del settore di pesca ricreativa nell'ambito della riforma della PCP.
Del resto sono numerosi i segnali di una resistenza del settore della pesca commerciale in acque interne, settore che sembra non attendere altro che uno sdoganamento per riacquistare gli spazi persi a favore della fruizione ricreativa. Oltre ai laghi Lombardi possiamo ricordare come esempio emblematico l’apertura del Piano Ittico della provincia di Grosseto alla pesca professionale nel tratto ad acque salmastre di tutti i maggiori fiumi della Maremma, l’insistenza delle nasse professionali nei laghi del centro Italia dai piccoli Chiusi a Montepulciano al vasto Trasimeno oppure il monopolio professionale delle gestioni lagunari esteso dovunque questi ambienti creino una opportunità di sfruttamento commerciale.
La salvaguardia di pochi posti di lavoro e di un reddito traballante assicurato tramite una pesantissima pressione sulle risorse autoctone e sovvenzionato con denaro pubblico è sostenuta a discapito dell’evidenza che le stesse risorse creerebbero maggiore occupazione ed un reddito molto maggiore senza nessuna sovvenzione se destinate alla pesca ricreativa ed adeguatamente gestite piuttosto che lasciate a sé stesse.
La destinazione al settore commerciale delle risorse delle acque interne testimonia palesemente il fallimento dei gestori pubblici di operare una gestione efficace, capace cioè da una parte di tutelare le risorse e dall’altra di attivarne il potenziale economico. Incapaci di tutelare e far fruttare i beni si ritiene opportuno e più facile venderli, senza bisogno di forzare ancora la mano sulla nicchia delle tradizioni ancestrali e delle sagre del prodotto tipico ma con la grande novità dell’esportazione che permette di trovare compratori a prodotti da noi ormai inutilizzabili.
Se la logica di resa economica sulla quale si basa la pesca professionale in acque interne è evidentemente frutto di un calcolo che non tiene conto del settore ricreativo, diviso e mancante di una organizzazione efficace, occorre non dimenticare che al di là della trovata del contenimento delle specie autoctone la stessa pesca professionale in acque interne incentiverà con forza la politica di gestione verso la priorità del mantenimento e della crescita delle proprie attività a maggiore e crescente danno della pesca ricreativa.
La finalità di esportazione verso mercati del pesce di altri paesi corona l’evidenza di una scelta che slega la fruizione delle risorse dal consumo locale facendo tutt’ altro che favorire l’accorciamento delle filiere.
Il riconoscimento della abbondanza di pesci di scarso pregio evidenzia il fallimento delle gestioni a fini sportivi e ricreativi degli scorsi decenni ponendo le basi per un passaggio di consegne al settore commerciale che scopre nuovi mercati.
Meglio una buona e redditizia gestione commerciale che una cattiva e fallimentare gestione ricreativa sembra il senso di tutto ciò. E’ evidente che è la pesca ricreativa ad avere preparato il terreno a questa tendenza vantandosi di lavorare per quella pesca che, invece, stava distruggendo, fino alla svendita sui mercati dell’est.