“[...]nella pesca ricreativa, il pescatore causa dolore e sofferenza al pesce inteso come soggetto senziente. Come è stato riscontrato recentemente da studi scientifici di alto profilo (Chandroo e altri, 2004; Huntingford e altri, 2006; Snedden, 2006, 2009; Braithwaite, 2010), la "nocicezione" (ricezione, trasmissione ed elaborazione a livello centrale di uno stimolo nocivo), accoppiata ad un livello avanzato di coscienza e quindi di percezione del dolore e della capacità di soffrire, può essere un concetto applicabile ai pesci. Se, dunque, i pesci hanno consapevolezza del dolore. la pesca ricreativa può essere definita come "crudele" e diventa, moralmente inaccettabile se si aggiunge un'altra prospettiva di valore etico: non si dovrebbe intenzionalmente procurare dolore ai pesci senza una necessità di sopravvivenza ma per il solo piacere. Ciò può far percepire il pescatore come "crudele" e "sadico", e tale rimane, anche se contribuisce alla tutela dell'ambiente acquatico.”
APR e FIPO (e certamente la maggioranza dei pescatori sportivi/ricreativi) la pensano diversamente dal Dott. Hazan e dal suo Gruppo, e hanno così deciso di rispondere con una lettera argomentata e per certi versi ridondante, ma necessaria, lettera che potete leggere interamente qui.
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