Sono sintomatici tre provvedimenti:
- la riduzione del 40% rispetto a quanto previsto dal decreto di concessione delle utenze irrigue,
- il divieto di utilizzo del prelievo in alcuni invasi montani (specie del bellunese) da parte di Enel Produzione spa per ripristinare i livelli idrici,
- la riduzione del 50% del valore del deflusso minimo vitale (ai sensi del PTA approvato dal DCR 107/2009).
Non è chiara la razio della riduzione del 50% del minimo deflusso vitale che, per sua stessa definizione, è il limite sotto il quale è preclusa la vita biologica del fiume (evento vietato dal comma 3 dell’art.44, dello stesso PTA, che recita: “Le deroghe ai valori del DMV di cui al comma 1 non possono pregiudicare il raggiungimento degli obbiettivi di qualità del corpo idrico previsti dal presente piano” e ndr previsti dalla Direttiva Acqua 2000/60 ). Non si capisce come sia stato possibile consentire agli enti produttori di energia di prelevare, in periodo siccitoso, una quantità d’acqua tale da svuotare letteralmente i laghi alpini. Non si capisce come possa un minimo deflusso vitale ridotto del 50% a valle delle dighe essere in grado di assicurare qualsiasi altra derivazione idrica.
La cosa grave è che si vuol far passare questo provvedimento come risposta all’emergenza idrica, mentre già lo scorso anno (in allegato le foto dell’asciutta del Piave di maggio 2011 e testimoniato dai soci del Mosca Club Treviso - APR) molti fiumi sono andati in asciutta; l’eccezionalità della situazione meteorica evidenzia solo la scriteriata gestione della risorsa acqua.